LA MARCA DEL PRIMO PREZZO

Credo che il presidio del “primo prezzo” da parte dei Retailer più evoluti non debba essere semplicemente il frutto di una strategia difensiva di risposta allo sviluppo del discount, ma possa divenire un elemento chiave di una strategia assortimentale effettivamente customer oriented.

L’interesse dei consumatori italiani per i prezzi bassi nasce da una profonda modificazione del sistema di valori della domanda, non è di natura congiunturale e rappresenta in definitiva un processo di omologazione alle modalità d’acquisto già consolidate nel resto d’Europa. L’interesse per il primo prezzo non è fra l’altro circoscritto a consumatori marginali, che acquistano questi prodotti per un imprescindibile bisogno economico, ma è riscontrabile anche in campioni di consumatori di livello socioeconomico medio-alto. Tale interesse deve perciò ritenersi un atteggiamento diffuso ad ampie fasce di consumatori che comperano prodotti di primo prezzo per una scelta deliberata, animata da motivazioni culturali complesse, che fanno riferimento ai valori dell’essenzialità e dell’equilibrio piuttosto che alla ricerca del massimo risparmio ad ogni costo.

In tale contesto si presenta dunque l’opportunità per una proposta di primo prezzo di marca: una proposta in grado di soddisfare a pieno, nell’ambito del prezzo basso, sia l’esigenza di qualità sia l’esigenza di identità rappresentate dai nuovi consumatori.
Sotto il profilo concettuale, la marca del primo pezzo non solo apre nuovi territori al concetto di marca, ma costituisce un’ottima occasione per recuperarne, anche nel settore dei bene di largo consumo, il suo significato più genuino.

Ciò che distingue infatti una marca da una non marca non è certo il livello di prezzo a cui vengono venduti i prodotti, me l’esistenza o meno di un’identità associata al marchio.
Nella pratica gestionale si tende invece a considerare di marca solo quello che costa molto e molti sembrano essere convinti che può essere venduto a prezzi bassi solo ciò che non è di marca.
Il problema allora non dovrebbe essere quello di decidere se possa esistere un primo prezzo di marca o no (la marca è viva più che mai e non esistono segmenti di prezzo che le sono preclusi), ma piuttosto quello di capire quali debbano essere le caratteristiche specifiche della marca del primo prezzo. Il che è un problema di coerenza concettuale, di modalità organizzative e di tecnica comunicazionale: così come non basta dare un nome ad un prodotto per creare una marca, non basta infatti posizionare una marca qualsiasi al primo prezzo per farne la marca del primo prezzo.

E’ innegabile che la creazione di una vera marca del primo prezzo sia un adempimento certamente non facile, non solo per la ridotta disponibilità di risorse che la marginalità del posizionamento consente, ma soprattutto per la specificità delle motivazioni che animano la domanda di primo prezzo e che devono trovare riscontro nell’immaginario associato alla marca stessa. Ma tale considerazione dovrebbe essere solo di stimolo a ricercare soluzioni innovative che non ricalchino i mediocri esempi del passato.

Muovendo da tali considerazioni andiamo ad esaminare come è stato finora affrontato il problema della brandizzazione dei prodotti di prezzo basso.
Due soluzioni sembrano al riguardo emergere nell’attuale panorama del largo consumo.

1. Marca del produttore a presidio di una specifica categoria (la così detta seconda marca).
Questa soluzione appare la più semplice sotto il profilo concettuale, ma può avere ricadute negative sotto il profilo dell’efficacia.
Se la sua realizzazione non pone particolari problemi di tipo organizzativo i suoi limiti appaiono evidenti non solo in termini di scarsità delle risorse disponibili per le attività di marketing, ma soprattutto in termini di indifferenziazione rispetto al tradizionale concetto di marca (caratterizzato appunto da una precisa product identity).
Il rischio di tale soluzione è quello di costruire una marca debole.

2. Marca trasversale del distributore
Questo tipo di marca supera l’handicap della product identity, gode delle sinergie di visibilità sul punto vendita e, ove il distributore abbia dimensioni effettivamente rilevanti, è in grado di generare un fatturato adeguato ad accedere potenzialmente a condizioni d’acquisto vantaggiose.
Restano invece irrisolti i problemi di natura organizzativa relativi all’effettiva gestione da parte del distributore di un’ulteriore private label. Sono troppo evidenti infatti le difficoltà che moltissimi gruppi hanno nella gestione della loro marca d’insegna (sia in termini di qualità che di corretto posizionamento di prezzo) per sottovalutare le difficoltà che la creazione di una seconda private label (di primo prezzo) comporterebbe.
Ancora più sostanziale appare poi il problema della diluizione dell’identità dell’insegna indotta dall’introduzione che ne deriverebbero a danno della marca d’insegna. La creazione da parte del trade di una propria marca di primo prezzo infatti, determina a lungo andare una pericolosa associazione (e conseguente equiparazione) dei prodotti di primo prezzo a quelli della marca d’insegna. Equiparazione in un certo senso inevitabile, perché l’ente garante delle due categorie di prodotto è lo stesso, con conseguenti gravissimi rischi di cannibalizzazione.

Con l’obiettivo di superare i limiti delle precedenti soluzioni, che probabilmente molto hanno contribuito a creare il luogo comune secondo cui il primo prezzo non può essere di marca, nasce un nuovo concetto di marca. Andiamo quindi ad analizzarne le caratteristiche essenziali, evidenziando di volta in volta come siano in grado di risolvere in modo originale i problemi che si frappongono alla creazione di una vera marca del primo prezzo.

 
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